Conferenza di Don Stefano Caprio Professore del Pontificio Istituto Orientale Roma, aprile 2022
La complessa geometria della Chiesa Ortodossa Ucraina e la sua rilevanza numerica
La Chiesa Ortodossa Ucraina presenta una geometria complessa, all’incrocio di tutte le giurisdizioni ecclesiastiche, quali, Roma, Mosca, Costantinopoli, Kiev.
Nonostante la grande difficoltà di rilevare dati certi, si può comunque affermare che grosso modo dei 45 milioni di Ucraini, circa 12 milioni appartengono al Patriarcato di Mosca, 6-7 milioni alla Chiesa ortodossa autocefala di Kiev, oltre 3 milioni ai Greco-cattolici, anch’essi ortodossi, mentre 1 milione e più sono cattolici di rito latino. Si contano inoltre svariate giurisdizioni autonome, quale ad esempio, l’Autentica chiesa ortodossa, clandestina ai tempi dell’Unione Sovietica.
Le statistiche sono incerte, non solo per mancanza di dati parrocchiali, ma anche perché nell’ambito di una stessa famiglia si contano appartenenze a giurisdizioni diverse, oltre ai cambiamenti repentini di giurisdizione da parte di sacerdoti e fedeli, e agli usi e costumi locali che portano a preferire una chiesa a un’altra, per comodità, simpatia o altro. In conclusione, la Chiesaortodossa ucraina, con le sue svariate giurisdizioni, è un gran calderone dove i fedeli, a parità di liturgia, che non varia da Chiesa a Chiesa, distinguono più l’appartenenza alla lingua ucraina che non quella a uno specifico Patriarcato.
La comunità Ucraina è molto fervente, con una frequenza alle funzioni religiose del 30% (50% nelle grandi feste), a fronte di un 3-5% in Russia e al 10-15% nella media dell’Unione Europea. In questo senso si può dire che un ortodosso ucraino abbia più peso di uno russo, quest’ultimo spesso ortodosso più per motivi ideologici che di fede.
Nella stessa Chiesa ortodossa russa una grossa parte dei fedeli è di nazionalità o origine ucraina. Conteggiando tali religiosi e fedeli ucraini, la Chiesa russa rappresenta il 70% degli ortodossi nel mondo, mentre, ad esclusione degli stessi, rappresenterebbe solo il 35% degli ortodossi nel mondo. Quindi in caso di scissione degli ucraini, la Chiesa di Mosca perderebbe la sua posizione di preminenza numerica nel mondo ortodosso.
Le tendenze autocefale della Chiesa di Kiev
Nel 1992 dopo la scissione dell’Unione Sovietica, e la dichiarazione di indipendenza dell’Ucraina, la Chiesa ortodossa di Kiev nella sua interezza si scisse dalla chiesa di Mosca. Il Metropolita di Kiev, Filarete, appoggiato da tutti i vescovi e anche dal capo della Chiesa russa in Ucraina (e dallo stesso governo filorusso n.d.r.) richiese l’autocefalia dapprima a Mosca (negata) e successivamente a Costantinopoli (rinviata nel tempo per seguire una procedura corretta). In tutta risposta Filarete si autonominò Patriarca di Kiev, ma a capo solo del piccolo gruppo che ne riconobbe l’autonomina.
Il Concilio di Creta del 2016, che avrebbe dovuto riconoscere l’autocefalia della Chiesa di Kiev, fu fatto fallire proprio per questo motivo dalla Russia e da altre Chiese che non presentandosi al Concilio fecero mancare la maggioranza delle presenze. Rimase solo una modesta rappresentanza
della chiesa ortodossa, 11 su 14, che però escludeva quelle più importanti. Nel 2018, dopo un processo durato due anni, il Patriarca Bartolomeo riconobbe la Chiesa autocefala ucraina, unita a Costantinopoli. Fu nominato metropolita Epifani, segretario di Filarete. A Filarete, nel frattempo novantenne, venne offerta la carica di Patriarca Emerito, ma Filarete mantenne la posizione di autonomina di Patriarca, mettendosi contro tutti.
Il risultato è che al momento ci sono due distinti gruppi autocefali in Ucraina. Da notare che Filarete è un uomo molto compromesso con il precedente regime sovietico e con il KGB e che nel 1990 cercò senza successo di essere eletto Patriarca di Mosca, contando sul fatto che la nomina dipendeva sostanzialmente dal Partito (c’era ancora l’Unione sovietica e c’era già Gorbachov).
A causa del riconoscimento della chiesa autocefala di Kiev, la Russia ruppe le relazioni con il Patriarca Bartolomeo considerato “scismatico” e solo la chiesa di Alessandria (che coincide con tutta l’ortodossia in Africa) e la chiesa di Atene (che comprende tutto il mondo Greco) riconobbero la decisione del Patriarca Bartolomeo.
Il sovranismo della Chiesa Russa
In seguito a tali accadimenti, la Russia si è proposta come unica vera ortodossia universale nonché di prendere il ruolo di Costantinopoli come garante di tutti gli ortodossi nel mondo, e quindi anche degli ortodossi della diaspora (ad es. America latina e Asia), non solo di nazionalità russa ma di qualsiasi nazionalità. L’obiettivo era quello di assicurare localmente a tutti gli ortodossi l’accesso alla vera Chiesa ortodossa che a causa dello scisma non poteva più essere quella di Costantinopoli, ma bensì quella russa.
La Russia ha pertanto nominato un suo Esarca per l’Africa, il metropolita Leoni Gorbachov, un ex- colonnello, che potesse curare tutti i rapporti in essere con l’Africa. Non solo le questioni teologiche ma anche la vendita delle armi, che la Russia vende a tutti i regimi indiscriminatamente. Si tratta di un caso di perfetta unione non solo di Stato e Chiesa ma anche di Chiesa ed esercito. Ha quindi invitato tutti i paesi africani a lasciare il Patriarcato di Alessandria a favore di quello di Mosca. Per varie ragioni diversi paesi, tra cui il Kenya, hanno aderito, forse sperando in migliori stipendi, e questo ha creato grande tensione con Alessandria.
A suo tempo, nel 2000, l’elezione di Putin era avvenuta sulla base di un programma predisposto dalla Chiesa ortodossa, dal titolo: “Dottrina dello Stato Sociale della Chiesa Ortodossa”, poi approvato dal loro Sinodo. Si trattava di un documento redatto da Kirill (allora Metropolita di Mosca) con il contributo dei Cattolici di Roma, che avevano provveduto documenti utili allo scopo. Putin aggiunse alcune parti di suo pugno che illustravano il sovranismo ortodosso, ovvero l’idea che la Russia vuole difendersi dall’occidente visto come l’anticristo. Putin aveva pertanto ripreso l’estremismo della Chiesa ortodossa, espresso principalmente dalla parte monastica, avverso all’anticristo occidentale e di cui Kirill aveva invece timore.
Dal 2014, nel secondo decennio del suo mandato, Putin ha assunto una posizione vicina ai nazionalisti estremi, espressa come detto dagli ambiti monastici che accusavano Putin di essere debole rispetto all’anticristo, ovvero al mondo occidentale. Kirill, Patriarca di Mosca dal 2009, temeva tali estremismi e non voleva questo avvicinamento. Lo ha dimostrato proprio in occasionedell’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014, non partecipando alla grande dimostrazione celebrativa organizzata da Putin. La sua assenza è stata una cosa scandalosa. Erano tutti schierati a favore del Presidente, Governo Esercito e Chiesa, e alla dimostrazione aveva partecipato anche l’arcivescovo cattolico Paolo Pezzi. L’idea alla base del “Krimnascismo” è: “Abbiamo ripreso la Crimea, ora riprendiamo il mondo intero”.
La posizione del patriarca Kirill
Kirill non può però schierarsi apertamente contro Putin. In primo luogo perché farebbe una brutta fine e, in secondo luogo, perché è stato il suo ispiratore per anni. Gli offre pertanto una posizione di appoggio, ma in disparte. Il lungo silenzio di Kirill nei primi 10 giorni di guerra è comunque indicativo della sua contrarietà alla guerra.
Il recente discorso di Kirill appoggia la tesi di Putin che i russi ortodossi portano avanti un’azione di difesa della loro cultura e delle loro tradizioni contro l’occidente, la globalizzazione e i valori liberali. Non a caso, il Patriarca ha citato come esempio le Parate Gay. Sicuramente nella stesura del suo discorso ha ricevuto pressioni del Cremlino e della Chiesa estremista.
Il discorso va contestualizzato come citazione dei testi medievali sulla Terza Roma (cioè Mosca) e in particolare del testo del ‘500 di Filofei di Pskof, (Lettera al Diacono/Segretario del Principe di Mosca), contemporaneo del testo Il Principe di Macchiavelli. Quest’ultimo diceva al Principe di Firenze: “Tu devi diventare come Cesare che ha usato la religione come strumento di potere”. Invece Filofei dice al suo Principe di diventare il capo della chiesa: non la religione come strumento del potere (Cesare/ Tzar) ma piuttosto usare la religione per difendere il mondo dall’eresia, dall’invasione degli ottomani e dalla sodomia (da cui l’esempio delle parate Gay). In sintesi, la prima Roma fu eretica, la seconda pure in quanto invasa dai mussulmani ottomani, sarà la terza Roma (cioè Mosca) a salvare il mondo.
Più che nazionalismo si tratta di sovranazionalismo e di universalismo, ovvero di espansione militare della Russia nel mondo. Infatti il Papa dice che è in atto una guerra (secondo la visione della stessa Ucraina) e non un’operazione speciale di guerra (secondo la visione di Putin).
La Terza Roma è un’invenzione di origine medievale, ora propaganda governativa. Anche l’autocefalia della Chiesa ucraina è stato un atto politico voluto dal precedente presidente ucraino filorusso.
A suo tempo, negli anni novanta, la conversione di Putin all’Ortodossia avvenne anche per motivi politici (tipo Costantino). Con la guida del suo Padre spirituale Tikon di Pskof che riuscì a dimostrargli che il ritorno all’ortodossia non avrebbe rinnegato il passato sovietico, Putin si convinse alla conversione. Tikon rappresenta il settore monastico estremista e gli scrive anche i discorsi in particolare sulle ricostruzioni storiche.
La difficile collaborazione umanitario-culturale tra Stato Pontificio e Ucraina: cenni
Le relazioni tra Stato Pontificio e Mosca sono ottime dal 2014 e tali si vogliono mantenere. Il Papa sa che Kirill non vorrrebbe la guerra e quindi condanna la guerra ma tiene le porte aperte al dialogo.
Dal 2014 si sono messe da parte le questione ideologiche, si è preso atto delle reciproche diversità e si è stabilito di collaborare sulle questioni umanitarie e culturali.
La collaborazione umanitaria prosegue anche oggi, con sostegno ai profughi ucraini e alle famiglie russe che hanno perso i loro figli, mandati in guerra come carne da cannone e che, sepolti in fosse comuni dagli Ucraini, non si ritroveranno più. Per lo più si tratta di ragazzini Caucasici, mongoli e orientali. La collaborazione culturale è invece ora più complessa anche tenuto conto del fatto che l’interlocutore è proprio Ticon, dell’area degli estremisti. Al momento i rapporti tra gli Istituti culturali di Mosca e dello Stato Pontificio sono interrotti e tutti i progetti sono bloccati.
A complicare le cose la Chiesa ucraina in Russia si è staccata dal Patriarca, perché quest’ultimo non ha condannato la guerra. Alcune chiese hanno addirittura chiesto di aderire alla Chiesa autocefala di Kiev. Non è chiaro come andranno a finire le cose.
Ai tempi dell’Unione Sovietica la Ost Politik del Vaticano consisteva nel mantenere un’apertura ai sovietici che pure perseguitavano la Chiesa. Si pensi al Trattato di non proliferazione nucleare negli anni 60 che fu firmato per primo dal Vaticano. Atto puramente formale per il Vaticano ma un segnale importante. Così come avvenne per il Trattato di Helsinki sulla carta dei diritti umani degli anni settanta. Il Vaticano fece da garante per i sovietici in maniera che gli USA firmassero.
La politica della Santa Sede è di fare da sponda alla Russia per mantenere aperta la porta e quindi essere poi in grado di proteggere tutti. Avendo buoni rapporti con tutti, Usa Russia Costantinopoli, tutti possono beneficiare dell’aver mantenuto il dialogo. Inevitabilmente ne deriva un comportamento non sempre lineare e a volte contraddittorio. Ma l’opposto, ossia la chiusura al dialogo, non porterebbe certo un miglioramento.
Stesso discorso si applica alla Cina, dove il dialogo è aperto anche se i cattolici sono perseguitati in Cina.
Questo atteggiamento di apertura è stato mantenuto da Papa Francesco. Nel 2014 quando gli Ucraini denunciarono la invasione del Donbass da parte dei russi Il Papa non sposò questa tesi e disse invece agli ucraini di cominciare a mettersi d’accordo tra di loro, intendendo tra filorussi e filooccidentali in ambito ucraino. Ad esempio nel Donbass con atto amministrativo viene imposta la lingua ucraina, un atto definito genocidio da Putin.
Di fatto, parlare di zone filorussi o filooccidentali è improprio in Ucraina. Non c’è etnia russa o ucraina, né vi è città propriamente russa o ucraina. C’è invece una macchina di propaganda da entrambi le parti. Occorre inoltre aggiungere che tutta l’Ucraina (che dal 1991 è Stato sovrano) è un misto di tutte le nazioni ed etnie e che non c’è un’etnia russa o ucraina, ma un paese tutto misto. Come mista è anche tutta la Russia
Basti pensare che lo Tzar a fine 1700 trasferì a Mariupol 30000 rumei (greci che parlavano greco antico) dalla Crimea dove erano perseguitati dai Tartari. Il trasferimento avvenne in una settimana e venne finanziato dalla Duchessa Maaria Nikolaja da cui il nome della città, con pol e non grad perché erano greci.
Ora le cose sono ben diverse e il Papa ha preso una posizione unica, guadagnando anche il sostegno dei greci cattolici.
Di fatto se si riuscisse una volta finita la guerra ad avere una unica chiesa ucraina raccogliendo i vari pezzi allora anche i greci cattolici si unirebbero ad essa. La vocazione storica della chiesa ucraina è essere al centro in comunione con tutti in unione con Roma Mosca e Costantinopoli.
Viene invaso chi non ha le armi. Se l’Ucraina non avesse rinunciato al nucleare a favore della Russia la Russia non li avrebbe invasi.
Entrevista con Stefano Caprio, profesor de cultura rusa en el Pontificio Instituto Oriental de Roma
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