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500° anniversario della cristianizzazione delle Isole Filippine

Incontro con P. Gregory Gaston


Se a Magellano e ai primi evangelizzatori spagnoli arrivati nel paese cinquecento anni fa fosse stato detto che, in un lontano futuro, la Chiesa filippina sarebbe diventata uno dei principali motori missionari del mondo, forse avrebbero aperto gli occhi increduli.

Infatti, il 14 aprile 1521, il prete Pedro Valderrama battezzò Raja Humabon, Hara Humumay e altri 800 sull’isola di Cebu. Pochi giorni prima, il 31 marzo, la prima messa fu celebrata a Limasawa, a sud di Leyte, in quel lontano arcipelago di 7.600 isole, segnando l’inizio di una grande storia di evangelizzazione.

In cinque secoli, l’annuncio del Vangelo ha dato tali frutti che ora l’82% dei 100 milioni di abitanti si dichiara cattolico, è l’unica nazione prevalentemente cattolica dell’Asia e il terzo paese più battezzato del mondo. Infatti, Paolo VI, che vi si recò nel 1965, disse loro: “Come grande nazione cattolica nel sud-est asiatico, voi siete veramente ‘una città posta su una collina che non può essere nascosta….. Una lampada posta su un leggio per dare luce a tutti”.

Considerate quanto sia grande la vostra responsabilità di dare il buon esempio a coloro che professano altre fedi e di attirare dolcemente le persone al Cuore di Gesù, Re e centro di tutti i cuori”.

E Giovanni Paolo II, nel suo viaggio del 1981, ribadì: “Un onore speciale è dovuto alla nazione filippina perché dall’inizio della sua cristianizzazione… attraverso i secoli, il suo popolo è rimasto fedele alla fede cristiana”. Con un risultato che non ha paragoni nella storia: il messaggio di Cristo si radicò nel cuore della gente in pochissimo tempo e così la Chiesa fu saldamente piantata….”.

La Chiesa filippina è ben consapevole della sua unicità, del suo potere e dell’importanza del suo lavoro a beneficio della Chiesa universale, pensando al futuro. Infatti, hanno iniziato nove anni fa la preparazione di questo Giubileo, che culminerà in tutto il mondo – da Roma a Madrid, e passando per Abu Dhabi o New York – con un costante lavoro pastorale e numerose iniziative, che stanno contribuendo a mettere il paese asiatico al centro della cristianità.

Avviando i nove anni di preparazione, i vescovi delle Filippine hanno notato nel 2012 che “di fronte al secolarismo che è diventato esso stesso una sorta di religione dominante in alcune parti del nostro mondo, di fronte alla realtà di miliardi di persone che vivono oggi senza aver incontrato Cristo o sentito il Vangelo, quanto ci porta a entrare nel compito della nuova evangelizzazione?”

Infatti, molti sacerdoti filippini sono inviati come missionari per sostenere le comunità ecclesiali. I milioni di filippini che hanno lasciato il paese in cerca di migliori condizioni economiche e di vita sono, per la maggior parte, fedeli che testimoniano e annunciano Cristo nella nuova realtà sociale di cui diventano parte essenziale.

La fede cristiana è l’elemento di coesione per loro all’estero. La diaspora filippina è un esercito di 10 milioni di persone, presenti in più di 193 paesi, che praticano la loro fede con fervore, ovunque siano.

I filippini contribuiscono a rendere vive molte realtà ecclesiali nel mondo. Sono, come ha detto Papa Francesco lo scorso 14 marzo nella messa che ha celebrato per la comunità filippina nella Basilica di San Pietro, veri contrabbandieri della fede. In Europa, negli Stati Uniti, in Canada, nella Corea del Sud, in Giappone, per citare alcuni esempi, si può trovare un pezzo della Chiesa filippina: sacerdoti, suore e laici, impegnati a collaborare senza risparmiarsi.

Quattro sfide
Gregory Gaston, rettore del Pontificio Collegio Filippino a Roma, è un sacerdote nato a Silay City, Negros Occidental, che conosce molto bene l’Europa, avendo studiato a Roma e Pamplona, e avendo lavorato per decenni nella città eterna.

La prima sfida è la difficile situazione interna del paese, che ha indici preoccupanti di povertà e corruzione; con una politica molto discussa del presidente Duterte, che si basa su un solido sostegno popolare, nonostante le molteplici violazioni dei diritti umani che sono state legate alla sua cosiddetta “guerra alla droga”, e con le conseguenze economiche e sociali della pandemia.

Nel 2022 ci sono le elezioni presidenziali e i candidati hanno già iniziato a lottare per un posto nella corsa elettorale.
D’altra parte, c’è un’altra sfida per la Chiesa locale: “Dobbiamo continuare ad evangelizzare il paese. Nelle Filippine si dice che molti hanno ricevuto i sacramenti, ma pochi sono stati evangelizzati: non tutti sono praticanti. E questo può essere fatto solo con una formazione costante”, dice P. Gregory Gaston.

Tuttavia, la sfida più grande sarà, secondo il rettore del collegio filippino, una piena integrazione dei filippini della diaspora nella vita pastorale e parrocchiale delle città in cui vivono. “Gaston dice: “In paesi come gli Stati Uniti, siamo molto ben integrati nella normale vita sociale, economica e parrocchiale.

La situazione è diversa nei paesi del Medio Oriente o in alcune parti dell’Asia: lì le comunità filippine si uniscono per la celebrazione delle messe, perché la Chiesa locale è quasi inesistente.

E infine abbiamo paesi come la Spagna o l’Italia (a Roma, per esempio, ogni domenica ci sono 50 celebrazioni eucaristiche in altrettante comunità), dove si preferisce vivere la messa separatamente.

La normale integrazione dei fedeli filippini porterà molti benefici. In Vaticano, invece, nota il sacerdote originario di Negros, c’è già un prefetto filippino in una congregazione importante, il cardinale Tagle”.

Un’altra sfida – conclude Gregory Gaston – è il rapporto speciale delle Filippine con la Cina, in questo momento molto speciale per descrivere le relazioni tra la Santa Sede e il governo cinese. “Nelle Filippine la presenza della popolazione cinese è sempre stata forte e importante. E noi siamo un ponte. Infatti, a Manila ci sono due parrocchie personali per i fedeli cinesi, e dall’altra parte c’è un’associazione sacerdotale, creata dal cardinale Sin, per promuovere la cura pastorale dei cinesi”.

Il cardinale Sin, oltre ad essere una figura importante del cattolicesimo asiatico e figlio di commercianti cinesi, era un rinomato scrittore. La sua influenza ha giocato un ruolo importante negli sconvolgimenti politici durante le presidenze di Ferdinand Marcos nel 1986 e Joseph Estrada nel 2001.

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